GIAMPIERO TROIANI

Giampiero Troiani, 90 anni, è una delle colonne dell’artigianato ternano e insieme di Confartigianato. Racconta la sua lunga vita di lavoro e d’impegno associativo dal salotto di una delle ultime palazzine liberty del centro storico, in via Francesco Baracca, sopravvissute ai bombardamenti e alla ricostruzione selvaggia del dopoguerra. È anche lui figlio di artigiani e marmista quasi per caso. La famiglia del padre, Orvillo Troiani, aveva una fonderia. “Alla morte di mio nonno – racconta – i tre fratelli tirarono a sorte per decidere a quale dei figli dovesse andare la fonderia, per non dividere la proprietà, allora si usava così. Mio padre perse, ma prese un po’ di soldi come compenso e decise di investire quella somma in un’altra attività. Era amico dello scultore/marmista Nello Benvenuti che aveva un laboratorio. Diventarono soci e aprirono un grande laboratorio di duemila metri quadrati nella zona di Porta Sant’Angelo. Era la fine degli anni Quaranta e per i marmisti il lavoro non mancava: c’era una città intera da ricostruire dopo i bombardamenti”.

Giampiero Troiani frequenta il laboratorio da marmista di Porta Sant’Angelo fin da ragazzino, “praticamente ci sono nato”, e impara tutto quello che c’è da sapere del mestiere. Intanto frequenta il liceo scientifico Galilei e consegue la maturità nel 1953. S’iscrive a Economia e commercio e contemporaneamente diventa ufficiale di complemento durante il servizio militare di leva. “La carriera militare mi piaceva – dice – e gli ufficiali superiori mi consigliarono di restare in servizio promettendomi che avrei fatto carriera. Ma mio padre voleva che tornassi a lavorare con lui; Nello Benvenuti non aveva figli e in prospettiva il laboratorio sarebbe diventato tutto nostro. Per senso di responsabilità verso la famiglia, abbandonai la carriera militare e iniziai a lavorare a tempo pieno nel laboratorio”.

Giampiero Troiani termina il servizio di leva; subito dopo si sposa, l’8 luglio del 1961, con Vanna Pianetti, nipote di Almo Pianetti, ingegnere, preside del Regio Istituto industriale nonché stimato podestà negli anni Trenta. Prende subito in mano il laboratorio; Nello Benvenuti muore di lì a poco e la famiglia Troiani rileva le sue quote. Sono i primi anni Sessanta, gli anni del boom economico e del boom edilizio. Il tempo dei licenziamenti di massa all’acciaieria è solo un brutto ricordo e a Terni la grande industria assicura la massima occupazione. Ormai tutte le famiglie hanno la possibilità di acquistare una casa in proprietà.

“Facevamo di tutto – racconta Troiani – scale, soglie, i pavimenti in marmo degli androni, le rifiniture dei palazzi, i camini. Abbiamo lavorato molto in via Bramante e collaborato alla costruzione dei grattacieli di 14 piani nella zona dell’ospedale”. I pavimenti di marmo entrano nelle case di molte famiglie borghesi; sono un segno di distinzione.

Poi c’era tutta l’attività di marmista cimiteriale. La ditta Troiani costruisce cappelle in marmo per le famiglie più importanti di Terni, tra cui quelle di Romeo Conti e di Benucci.  

“C’era un padre – ricorda oggi con commozione Troiani – che aveva perso il figlio a vent’anni, allievo ufficiale pilota, per un incidente durante un’esercitazione. Realizzammo per lui una cappella. Subito dopo costruimmo la nostra cappella di famiglia. Gli piacque così tanto che la volle così, uguale alla mia. Così demolimmo la sua tomba che avevo appena costruito e ne realizzammo una nuova”. La tomba in marmo della famiglia Rossi ha la forma stilizzata di un aereo in volo, con la punta a cuspide, quella forma che si scorge nel cielo quando il velivolo ferisce con la sua scia bianca il cielo azzurro. La tomba è nella parte monumentale del cimitero e ricorda ancora oggi al visitatore quella giovane vita spezzata: Giancarlo Rossi morto a vent’anni nel 1952.

Troiani lavora insieme ai maggiori imprenditori edili dell’epoca: Lostorto, Chitarrini, Meriziola, Ponteggia, Pallotta, Celi.

Gli scultori per i monumenti funebri sono i migliori dell’epoca: Alfredo Innocenzi e Luigi Marras.

Entra nel direttivo della Camera di commercio. Il laboratorio cresce; raggiunge una punta di 20 dipendenti, il massimo consentito per un’azienda artigiana. Quasi tutti i suoi dipendenti sono in seguito diventati a loro volta maestri marmisti. Il laboratorio di Porta Sant’Angelo ha macchine all’avanguardia, seghe per tagliare il marmo, fresatrici, lucidatrici e carroponti per sollevare e spostare le lastre. “Il marmo bianco – ricorda – si prendeva a Carrara; il travertino a Tivoli e il marmo di Trani a Trani, in Puglia. Io partivo sempre con un tir e andavo sul posto; trattavo con i titolari delle cave, con cui ero diventato amico, e caricavo il mio camion con i blocchi. In questo modo, con l’acquisto diretto invece di affidarmi ai grossisti, risparmiavo un sacco di soldi. Ero amico di tutti, avevo una grande capacità relazionale”.

Data la capacità di relazionarsi, entra nel mondo associativo. A 36 anni diventa presidente della Commissione provinciale per l’artigianato: l’organo della Camera di commercio che decide se chi ha fatto domanda ha o no i requisiti per entrare nel mondo dell’artigianato. Quando è nella giunta provinciale della Camera di commercio s’inventa la mostra mercato degli artigiani, nella quale vengono esposte le opere migliori degli artigiani, nel salone della Camera di commercio; un evento di promozione che andrà avanti con successo per decenni.

Entra nell’Azienda di promozione turistica. Da subito entra in Confartigianato di cui diventa presidente nel 1970 e lo sarà fino al 1989 quando cede lo scettro a un altro presidente storico, Orlando Leonardi, imprenditore edile, un amico che per anni aveva lavorato in sinergia con lui: Orlandi faceva la parte muraria e Troiani la parte di marmo delle tombe. Sotto la sua presidenza crescono gli iscritti: “Eravamo tanti, superiori come iscritti alla Cna, per cui la vecchia sede storica di via Pacinotti era diventata stretta e ci trasferimmo nel 1987 nella nuova sede di via del Sersimone”. Che qualche anno dopo verrà abbandonata per l’attuale grande sede di Maratta perché iscritti e servizi erano ancora aumentati.

Come presidente di Confartigianato tiene contatti per tutto quello che riguardava gli artigiani con i sindaci del tempo: Ottaviani, Sotgiu, Porrazzini, Ciaurro. “Io Giacomo Porrazzini – dice – lo conoscevo bene perché avevo costruito la tomba del nonno. Io ero democristiano e loro comunisti, ma ci siamo sempre trovati d’accordo sui problemi della città perché erano persone per bene”. Entra nella fondazione Carit; è consigliere, per la Dc, per cinque anni nella circoscrizione Tacito: “Poi non mi sono ripresentato perché avevo troppo da fare; anche i consiglieri comunisti mi chiesero di ripresentarmi”. È tra i fondatori del Lions club San Valentino di cui diventa presidente. Il suo lungo impegno nei mondi dell’impresa e dell’associazionismo viene riconosciuto dallo Stato; diventa Cavaliere della Repubblica nel 1973; Ufficiale nel 1977 e Commendatore nel 1990.

Il laboratorio di Porta Sant’Angelo chiude nel 1989.

“Erano cambiati i regolamenti comunali, – conclude la storia l’anziano artigiano – il laboratorio di Porta Sant’Angelo, che ormai stava nel pieno centro della città, produceva fumi, polveri e rumori per cui avremmo dovuto trasferirci nella zona industriale. Io ormai avevo una certa età e tre figlie femmine che avevano fatto altre scelte di lavoro. Sono soddisfatto della vita che ho condotto. I miei operai sono diventati tutti titolari d’imprese artigiane e sono tutti riconoscenti per quello che gli ho insegnato. Le dico una cosa. Manili di Narni Scalo è venuto personalmente a montare il camino a mia figlia proprio perché era la figlia di Giampiero Troiani”.