PRIMO PIERMARINI

Primo Piermarini è cuoco perché è un figlio del mondo agricolo, perché la nonna cucinava per tutto il paese, perché ama la sua terra, la Valnerina, e la racconta e promuove attraverso i suoi prodotti e sapori antichi. È cuoco perché ha la cucina dentro di sé, come i pittori hanno i colori, i musicisti le note e i matematici i numeri.

È un grande cuoco. Nel 2015 ha rappresentato l’Umbria nel mese di luglio all’Expo di Milano. “Faceva un caldo terribile – racconta – ma nonostante questo abbiamo fatto numeri eccezionali. Nel menù ho cercato di valorizzare al meglio la cucina ternana”.

FIGLIO DELLA VALNERINA

Nasce a Terria, frazione montana di Ferentillo, il 23 ottobre del 1950. Nasce in una famiglia di piccoli proprietari terrieri che lavorava la terra e dei prodotti della terra viveva. “Sono vissuto in un mondo agricolo, – racconta – si lavorava molto e si raccoglieva poco. I nostri erano terreni montani, a circa mille metri sul livello del mare, e poveri. Coltivavamo grano, patate, lenticchie. Collegata all’agricoltura c’era anche la pastorizia, pecore e capre. Eravamo una famiglia numerosa che viveva insieme nella grande casa padronale. Lavoravamo tutti.

L’estate ci trasferivamo in montagna per il pascolo. Ci trasferivamo in un vecchio casale, quello che ancora oggi è chiamato il casale Piermarini.

Si dormiva al primo piano su giacigli di paglia e sotto c’era la stalla con le pecore e le capre. Dormivamo con nelle orecchie il suono dei campanacci. Quello che in altre parti si chiama alpeggio, noi lo chiamavamo al peggio perché la vita era veramente difficile”.

Fin da bambino era attirato dalla cucina. “La maestra era mia nonna Rosina – ricorda – una donna intelligentissima e per i tempi istruita che era la cuoca di Terria. Era lei che cucinava per le feste pubbliche e per quelle private, battesimi, cresime e comunioni, matrimoni, quando le feste si facevano sempre in famiglia. Quando sono diventato ragazzo ho cominciato a cucinare anch’io. Ma non mi bastava cucinare, volevo sapere, conoscere i prodotti della terra e ho iniziato a leggere e a documentarmi”.

Piermarini frequenta le elementari a Terria, le scuole medie a Ferentillo e l’Istituto tecnico professionale a Terni. “Che ho interrotto – dice – a 16 anni perché era venuto a mancare mio padre, stroncato da un infarto a 44 anni. In famiglia ero rimasto l’unico maschio e per questo mi sono sentito responsabile. Aiutavo la famiglia nei lavori dei campi, ma i primi soldi veri sono arrivati con i tartufi. Avevo due cani e l’arte di cavare i tartufi me l’aveva insegnata mio padre, che era un grande “tartufaro”. I tartufi li cercavo nei boschi di montagna sopra Terria. Allora le stagioni erano buone perché gli animali, soprattutto le capre, brucavano l’erba, pertanto il sottobosco era pulito. Il camminamento degli animali provocava un’erpicatura naturale. I tartufi si vendevano tutti a Urbani, che pagava a prezzo di mercato”.

OPERAIO DELL’ACCIAIERIA

La prima svolta di vita avviene a 20 anni, nel 1970. “Mia madre – ricorda – voleva per me un posto fisso e a quei tempi il posto fisso dalle nostre parti era l’acciaieria. Aveva un amico sindacalista e lo implorò perché mi facesse entrare a viale Brin. Entrai nel reparto Treno a caldo, laminazione, come manutentore, aggiustatore meccanico. Sentii subito che quello non era il mio mondo, ma almeno tutti i mesi c’era uno stipendio sicuro e con questi primi soldi comprai la mia prima automobile, una Fiat 500”.

Primo Piermarini riprende a studiare; frequenta i corsi serali dell’Itis, consegue il diploma di perito metalmeccanico. Può fare carriera, ma il cuore gli dice che il suo futuro è altrove. “Ho iniziato a documentarmi – spiega – sui prodotti della natura, sui cibi, sulla cucina”. Forte delle lezioni e dell’esperienza di nonna Rosina, subentra a lei nel ruolo di cuoco del paese di Terria e dell’intera comunità di Ferentillo di cui diventa un vero punto di riferimento. Cucina per le feste patronali e per quelle private; cucina per gli amici. Quando a Ferentillo c’è un evento importante, si chiede sempre l’aiuto di Primo. Continua a documentarsi; frequenta corsi sulle farine, sull’olio, sul vino.

Sempre da cuoco amatoriale, solo animato dalla passione, va a lezione da Angelo Paracucchi, uno degli chef stellati del tempo; lo raggiunge a Marinella di Sarzana dove lo chef gestisce la sua prestigiosa Locanda dell’Angelo. I piatti del giovane cuoco amatoriale sono quelli che serve ancora oggi nel suo ristorante. “Fettuccine al tartufo nero, – dice – frittate di venti uova, agnello alla cacciatora, interiora di agnello, piccioni, anzi il piccione alla Piermarini che ha una ricetta particolare che uso ancora oggi, trote e gamberi del fiume Nera”.

Nel ristorante Piermarini ancora oggi, seppure eccezionalmente, si servono i veri gamberi del Nera. “Pochi lo sanno – spiega il cuoco – ma i gamberi del fiume Nera sono stati uccisi dai detersivi. Il gambero ha un equilibrio biologico molto fragile; appena apre una casa che scarica detersivi sul fiume, il gambero sparisce. In Valnerina però ci sono ancora ruscelli, pochi, dove l’acqua è incontaminata e dove ci sono ancora gamberi di fiume. Sono piccoli segreti che mi tengo stretto”.

A 26 anni si sposa con Paola Argenti; dal matrimonio nascono due figli: Carol e Pier Marco. In famiglia si discute sempre di cucina, di libri di cucina; è in quegli anni che Primo matura la scelta di far diventare quella passione per la cucina una professione, un lavoro vero e proprio. “All’inizio mia moglie era contraria – ricorda – poi sono riuscito a convincerla. Mia madre invece era contrarissima: non accettava l’idea che abbandonassi il posto fisso in acciaieria. Lo sentiva come una sorta di tradimento verso quel sindacalista che l’aveva aiutata”.

APRE IL RISTORANTE, SPECIALITA’ TARTUFI

Nel 1989 la scelta: si licenzia dall’acciaieria e apre un ristorante a Ferentillo.

“In acciaieria erano gli anni – ricorda – della chiusura delle seconde lavorazioni e a viale Brin scattarono i primi esodi incentivati. Colsi la palla al balzo. L’azienda per indurmi alle dimissioni mi dette 36 milioni di lire più la liquidazione, 18 milioni. A Ferentillo c’era un locale che faceva al caso mio, una falegnameria in disuso proprio al centro del paese. Il proprietario mi propose di ristrutturarla a mie spese scontandole con l’affitto. I lavori me li sono fatti in parte da solo e in parte in economia, facendomi anche aiutare da parenti e amici. Ma i soldi che avevo incassato non bastavano perché bisognava acquistare la cucina, i tavoli, i piatti, le posate, tutto il necessario per un ristorante. Mia moglie era diventata mia alleata; con mia madre il rapporto era sempre conflittuale. Prendemmo in banca un mutuo di 130 milioni di lire, ma fummo costretti a ipotecare la vecchia casa di famiglia a Terria. Il rapporto con mia madre peggiorò perché pensava che quella casa sarebbe stata espropriata dalla banca. Quel primo mutuo è stato un incubo, un cerchio alla testa che ha gravato su me fino a quando l’ho estinto”.

Il ristorante Piermarini apre a Ferentillo il primo aprile del 1990.

“Dovevo aprire – ricorda oggi – con il battesimo di un mio amico, Pietro, ero talmente in ansia che avevo acquistato il triplo delle provviste. Ma la mattina il mio amico mi telefonò dicendomi che il battesimo era rinviato perché aveva dovuto ricoverare la figlia. Ma ormai era tutto pronto e così invitai tutti gli amici e facemmo l’inaugurazione”.

Il ristorante parte subito con il piede giusto; in poco tempo il ristorante “Piermarini” di Ferentillo diventa un marchio di qualità. “La gente era soddisfatta, – racconta oggi il cuoco – chiedeva notizie sui piatti, io passavo da un tavolo all’altro per dare spiegazioni. La cosa più bella è stata la riconciliazione con mia madre che, da contraria, era diventata il mio asso nella manica, quella che apriva e chiudeva il locale, quella che selezionava i collaboratori, quella che controllava che in cucina non si sprecasse nulla. Per me è stata una vera maestra di vita”.

Il ristorante va, cresce la clientela e lo spazio si fa stretto. Appena fuori Ferentillo, in via Ancaiano, c’è la villa di un anziano e apprezzato otorino di Roma, il dottor Giuseppe Verdi, originario di Ferentillo e che a Ferentillo tornava tutte le estati. Il dottor Verdi muore a fine anni Novanta e i figli mettono in vendita la villa. “Io e mia moglie – ricorda – decidemmo di acquistarla. Fu una spesa immensa tra acquisto e riconversione”.

Il nuovo ristorante, questa volta con un grande parco e con una piscina adatti per i banchetti, apre il 23 luglio del 2000. Intanto in azienda sono entrati a lavorare a tempo pieno i due figli: Carol, laureata in Economia del turismo e Pier Marco, diplomato come direttore di sala all’Alberghiero di Spoleto nonché cuoco.

Ormai “Piermarini” è un marchio regionale, anzi nazionale, un punto di riferimento per gli appassionati della buona cucina. Il cavallo di battaglia è sempre il tartufo: “Una parte lo acquistiamo dai cavatori locali e una parte lo produciamo nelle nostre tartufaie, sia naturali che coltivate, tutte ricavate dai nostri terreni di Terria riconvertiti a tartufaie. Lenticchie e farro vengono da altri nostri terreni montani a Monteleone di Spoleto. Ho in Valnerina le mie macellerie di fiducia. Tutte le mattine mi sveglio alle 6 e vado ad acquistare la frutta e la verdura ai mercati generali di Terni. Quando ho il giorno di riposo, vado in gita a Norcia e riempio l’auto di formaggi e salumi”.

CORSI DI CUCINA E PASSEGGIATE IN MONTAGNA

L’azienda cresce ancora e si diversifica. “Mia figlia Carol – spiega – è diventata imprenditrice agricola e ha aperto una scuola per piccoli cuochi. Insegna i rudimenti della cucina agli alunni delle scuole elementari. Fa corsi sulle api, sulle erbe, sul grano. Io invece faccio lezioni di cucina, soprattutto sul tartufo, agli adulti. All’inizio, insieme a mio figlio Pier Marco, portiamo i nostri ospiti in gita lungo le tartufaie. Gli facciamo vedere le piante che producono i tartufi, il terreno più adatto, come si addestrano i cani. Una volta tornati al ristorante ci sono le lezioni teoriche sui piatti al tartufo. Poi si passa in cucina e i piatti si preparano tutti insieme. Alla fine c’è la degustazione, sempre tutti insieme. I miei ospiti sono entusiasti perché più che me sono i luoghi a parlare: la vecchia aia dove si batteva il grano, il vecchio casolare, un panorama bellissimo a mille metri di altezza”.

A 74 anni, dopo una vita intensa di lavoro premiata dai successi, Primo Piermarini avrebbe diritto a godersi il meritato riposo.

“Ma non ce la faccio, – conclude l’esperto cuoco – voglio ristrutturare il vecchio casale di Terria per aprirci una grande scuola di cucina basata sui prodotti che il territorio ci offre nel corso delle stagioni”.

Cavaliere della Repubblica – 2 giugno 2019