Eva Gentileschi

a cura di Giuseppe Magroni
Foto di Alberto Mirimao

È diventata pasticciera grazie alla passione ereditata dalla nonna. È diventata imprenditrice grazie ad una sorta di orgoglio di genere, quello di dimostrare all’uomo che anche le donne ce la possono fare a mettersi in proprio, a costruire dal nulla un’attività economica di successo. Eva Gentileschi, novant’anni traguardati e ben portati, ha ancora in sé quell’entusiasmo che l’ha portata a scalare tutte le tappe del mestiere fino ad aprire alla fine degli anni Settanta una pasticceria a Borgo Rivo, Evy, che negli anni è cresciuta fino a diventare punto di riferimento storico del quartiere e non solo. Una vita di lavoro e di soddisfazioni tutta al femminile che vale la pena di raccontare.

“Sono nata nel 1933 a Battiferro – racconta Eva Gentileschi – da una famiglia di piccoli proprietari terrieri. Mio padre era operaio alla Fabbrica d’armi, ma quando finiva il turno di lavoro coltivava la terra insieme a mia madre e ai nonni. Avevamo una casa grande e antica; eravamo una bella famiglia patriarcale come quelle di una volta. I miei erano tutti contadini intelligenti che leggevano e che s’informavano. Mio nonno leggeva tantissimo e raccontava di essere un lontano discendente della pittrice Artemisia Gentileschi. Gliel’avevano detto i cugini di Roma che ogni tanto andava a trovare vestito con grande eleganza”. Ma la passione per i dolci viene dalla nonna: “Sì, nonna Levetta faceva ogni tipo di dolci: con le nocchie, con le mandorle, con il miele del nostro alveare, con le “moriche” che raccoglieva ai bordi dei campi. Crostate, biscotti, fave dei morti, torte, pampepati, zuppe inglesi. Tanti dolci, tutti buonissimi, per noi della famiglia che eravamo tanti. Da lì è venuta la mia passione per preparare i dolci poi, ero ancora bambina, mio padre mi portava la mattina in una piccola pasticceria in centro storico ad angolo con la chiesa di Santa Croce e con quello che allora si chiamava il Bettolone. C’erano due signore anziane che mi presero a benvolere e m’insegnarono anche loro l’arte di fare i dolci, soprattutto i bignè”.

Eva Gentileschi frequenta le elementari e le scuole medie, anche se al tempo non si chiamavano così, “mi piaceva soprattutto la matematica che poi mi è servita molto per fare i conti”. I primi anni dopo le scuole medie li passa in casa ad aiutare genitori e nonni, poi, finalmente, a metà degli anni Cinquanta, fa l’ingresso nella prima pasticceria: Pedacchia, Strada di San Valentino. Intanto a vent’anni aveva preso la patente di guida; lo sottolinea con orgoglio: “Sono stata una delle prime donne a Terni a prendere la patente. A quei tempi le donne non guidavano”

“Da Pedacchia – racconta – c’era un pasticciere, Franco, che mi ha insegnato a fare il lievito madre, che è una cosa fondamentale per i pasticcieri. Lui trattava i lieviti madre come se fossero figli. Poi sono andata in un’altra pasticceria, Angeletti, dove sono rimasta dodici anni e dove ho imparato a fare ogni tipo di dolce. Sono stata sempre in laboratorio, eravamo in dodici, servivamo piccoli esercizi alimentari e supermercati, compresi tutti quelli della rete Superconti. Sapevo fare tutto, avevo anche talento per l’organizzazione. Fatto sta che nel 1975 mi chiama Torquato Novelli, sì, il grande imprenditore. Aveva appena aperto un forno industriale. La farina era nei silos. Mi nominò capolaboratorio. Novelli era bravissimo; mi ha insegnato tante cose. Sono rimasta due anni, quel lavoro mi piaceva ma era troppo industrializzato, io ero fondamentalmente un’artigiana e quello volevo continuare a fare; a quel punto capii che era giunta l’ora di mettermi in proprio”.

È l’anno 1977 e, insieme alla sorella più giovane Vittoria, Eva Gentileschi decide di fare il salto di qualità nel lavoro: aprire una pasticceria a Borgo Rivo. C’è un locale sfitto ad angolo con la chiesa di Santa Maria del Rivo di circa cento metri quadrati, proprio all’ingresso del quartiere, che sembra fatto apposta per loro. “Io sono di Borgo Bovio – spiega – ma decido lo stesso di aprire un locale a Borgo Rivo. È stata una scelta pensata. All’epoca a Borgo Rivo c’erano ancora le case basse e il canale di scolo delle acque piovane all’aperto. Ma io leggevo, mi documentavo, e sapevo che quello sarebbe stato il principale quartiere di espansione della città che stava crescendo”. Adesso Borgo Rivo è chiamato la città nella città e conta oltre trentamila abitanti. La scelta era stata azzeccata. “Ma c’era un problema tecnico – ricorda Eva con un sorriso – avevo un po’ di risparmi messi da parte, ma avevo bisogno di un fido bancario per poter aprire il locale. Io e mia sorella facemmo il giro delle banche e alla fine trovammo un direttore, alla Carit, che si fidava di noi. Poco prima di aprire, morì mio padre, ma noi andammo avanti e il 15 luglio del 1977 inaugurammo la nostra prima pasticceria a Borgo Rivo. Eravamo io e mia sorella più quattro dipendenti”.

A Eva Gentileschi detta Evy brillano gli occhi al ricordo di quel taglio del nastro che imprime una svolta alla sua vita. “Finalmente – ricorda con un sorriso – potevo fare in laboratorio tutto quello che volevo, dare libero sfogo alla mia creatività. Ma all’inizio ho tirato fuori le vecchie ricette di mia nonna: pampepato, tozzetti, ciambelle col vino, tortelle, pizze dolci e pizze di formaggio. Mi piaceva tanto fare questo mestiere”. Pasticceria e gelateria, ancora niente bar. L’entusiasmo e la professionalità attirano i clienti; il locale all’angolo con la chiesa del Rivo diventa subito un punto di riferimento del quartiere. “Qualche mese dopo l’inaugurazione abbiamo ricevuto la visita del vescovo che ci fece tanti complimenti, Sembra una boutique, ci disse”.

Il successo della pasticceria Evy è dovuto anche ad un’innovazione: “Prima a Terni – dice – le paste si mettevano in un vassoio e s’incartavano. In altre città avevo visto che si mettevano in una scatola col manico. Cercai le scatole col manico, ma a Terni non trovai nessuno che le faceva, allora mi rivolsi a una ditta di Milano. Sono stata io la prima a Terni a consegnare ai clienti le confezioni di paste dentro le scatole col manico”. Nel 1992 il locale si trasferisce nella sede attuale, a poche decine di metri dalla sede iniziale, sempre all’imbocco di via del Rivo. A questo punto si ripresenta il problema con le banche: “Non avevo i soldi. Avevo cento milioni di lire come risparmi ma per acquistare le mura del locale, mi ero stufata di pagare l’affitto, e attrezzarlo per fare l’investimento completo, me ne servivano altri cinquecento. Abbiamo fatto il giro di diverse banche, ma i direttori ancora non si fidavano di noi, eravamo due donne. Fino a quando non ho incontrato un’altra donna, Marisa Bordoni, una funzionaria della Cassa di risparmio di Terni, che mi ha dato fiducia e mi ha concesso il prestito. Cinquecento milioni di lire con un tasso del 13,5%, con a garanzia la casa patriarcale e le proprietà di Battiferro”.

Trasferimento in un locale di proprietà più grande, di circa 400 metri quadrati, che a questo punto diventa bar, pasticceria e gelateria; il marchio è sempre lo stesso: Evy. La pasticceria è sempre prodotta in modo artigianale nel laboratorio collegato al locale e la base è sempre la stessa: le ricette di nonna Levetta. “Lavoravo tanto, lavoravo e basta, – ricorda l’anziana pasticciera – laboratorio, forno e banca per pagare il debito, 25 milioni di lire ogni sei mesi. Quando alla fine il debito è stato saldato abbiamo fatto una grande cena con tutti i dipendenti al Madrigale. Siamo partiti con quattro dipendenti, oggi sono arrivati a dodici. Sono rimasti quasi tutti con me, alcuni sono andati già in pensione, altri stanno per andarci”.

“La razza contadina – dice con orgoglio Eva Gentileschi dall’alto dei suoi novant’anni – è la migliore: è più tenace, più orgogliosa, più desiderosa di imparare”. L’ultima sfida di Evy è stata al Covid: “Durante quegli anni terribili – racconta – quasi tutti hanno licenziato i dipendenti. Io li ho tenuti tutti e dodici, con sacrificio, attingendo ai miei risparmi, ma li ho tenuti tutti”.

Da qualche anno il timone dell’azienda è in mano al nipote Diego Petrelli, perito industriale, laureato in Scienze politiche ma anche sommelier, pasticciere esperto con anni di esperienza in laboratorio. “È bravissimo – dice con orgoglio la zia – ha apportato molte innovazioni al locale. Spediamo i nostri prodotti anche in Spagna e in America”.

La mattina o il pomeriggio Eva Gentileschi è nel locale; seduta a un tavolo parla con i clienti, saluta i dipendenti. Sempre vestita con grande eleganza, capelli bianchi tagliati corti, bastoncino in mano si gode finalmente il frutto di una vita di lavoro: “Lo sa che dicevano i miei nonni? Imprenditori si nasce; dottori e ingegneri si diventa”.