Livio del Tosto

a cura di Giuseppe Magroni
Foto di Alberto Mirimao

Le origini

“Adesso confeziono qualche vestito per me e per i miei figli – racconta – oppure ogni tanto torna un vecchio cliente che mi chiede di fare una riparazione o di allargare un vestito a cui è affezionato. La roba bella non va mai fuori moda”.

Livio Del Tosto ha ottant’anni precisi; è nato a Pizzoli, L’Aquila, nel 1943.

Ha iniziato a fare il sarto quando aveva ancora i calzoni corti e quando ha smesso nel 2017, chiudendo la sua storica sartoria di via Mazzini, era uno dei sarti più conosciuti e più apprezzati di Terni. Del Tosto ha iniziato a fare il sarto nel suo piccolo paese abruzzese quando frequentava la quinta elementare; “poi ho preso il diploma di terza media frequentando le scuole serali. A me è sempre piaciuto studiare, imparare”.

La storia

L’arrivo a Terni è casuale. “C’era un maresciallo amico di famiglia – dice – che prestava servizio a Terni. Ci disse che la sartoria Massarelli cercava personale. Andò prima mio fratello maggiore, Mario, si trovò bene e dopo qualche anno lo raggiunsi. Era il 1959”. Al tempo l’apprendistato era lungo, durava cinque anni, diviso fra teoria e pratica. “Il lunedì mattina – ricorda il sarto – si faceva scuola: italiano, matematica, scienze, francese. Altri facevano baldoria; io stavo lì attento ad imparare. Alla fine del corso scrissero a mio padre che ero stato bravo e per lui fu una grande soddisfazione. Il primo anno lo Stato mi pagava 300 lire al giorno, non erano tante ma nemmeno poche e a me bastavano per vivere, era una sorta di avviamento, un modo per aiutare l’artigiano a formare i ragazzi. Poi l’artigiano ti assumeva come apprendista”. Nel 1964, a 21 anni, Livio Del Tosto ha in mano il mestiere di sarto e insieme al fratello Mario decide di mettersi in proprio. La prima sartoria è in via Paolo Garofoli, lavorano lì dal 1964 al 1971; si trasferiscono per qualche anno in via Damiano Chiesa e infine approdano in via Mazzini, un laboratorio spazioso e luminoso sopra il negozio di scarpe “La Combattente”.

Tra gli anni Sessanta e Settanta le sartorie a Terni sono una ventina e occupano un centinaio di addetti. Poi ci sono tantissime sarte per donna che lavorano a casa.

A Terni al tempo c’è piena occupazione. Acciaieria, polo chimico, Bosco, Fabbrica d’armi, altre fabbriche dell’indotto che occupano decine di migliaia di addetti. Gente operosa, modesta, ma desiderosa di sfoggiare il vestito buono, ben fatto, ben rifinito, nelle grandi occasioni familiari o semplicemente nei giorni di festa. I suoi clienti sono soprattutto quelli che oggi si definirebbero della Terni bene.

“Da me – ricorda – venivano avvocati, medici, professionisti, gli ingegneri dell’acciaieria. Qualche volta mi telefonavano anche i dirigenti dell’acciaieria che lavoravano a Genova e che venivano ogni tanto a Terni e mi commissionavano un vestito, tanto le misure le avevo. Ma venivano tutti, gente di ogni ceto sociale. C’era chi mi commissionava vestiti ogni anno e chi una volta ogni tanto, quando c’erano cerimonie. C’erano anche ragazzi che volevano vestirsi bene per conquistare le ragazze”. La sartoria dei fratelli Del Tosto faceva abiti per uomo, donna e bambino. Vestiti su misura per tutte le età e per tutte le taglie. Le stoffe le acquistavano da Briganti, Marcelloni, D’Annibale oppure dai vari rappresentanti delle aziende tessili del Nord.

Il rituale del sarto è rimasto immutabile nei secoli: “Prima la scelta delle stoffe poi la scelta del modello, anche guardando le riviste. C’erano quelli che si facevano consigliare e quelli che quando arrivavano nel laboratorio avevano già le idee chiare. Poi le misure prese con il centimetro; il disegno sulla stoffa, il taglio. Il vestito che prende forma, anche se attaccato con gli spilli. La prima prova, i ritocchi, la seconda prova, il cliente che si guarda allo specchio soddisfatto. Infine la consegna”.

Vestiti sartoriali che costavano. “Sì – ribatte Del Tosto – ma sempre meno di quelli delle grandi firme. I nostri vestiti duravano una vita. Si possono quasi sempre riparare e allargare fino a dieci chili. Qualche giorno fa è venuto a trovarmi un ex sindaco di un piccolo comune del circondario. Aveva con sé una giacca acquistata da noi molti anni fa a cui era molto affezionato. Era logora in alcune parti. Per fortuna conservavo la stoffa; ho sostituito le parti rovinate e la giacca è tornata come nuova con grande soddisfazione del cliente”. Sembra una magia, invece è professionalità. “È un lavoro complicato – spiega – ci vogliono attitudine e tempo per imparare. Tagliare, cucire, fare le maniche, le tasche, tutto. Arrivano i giovani diplomati dai corsi professionali che si credono stilisti poi li metti al lavoro e sanno fare poco. I corsi di oggi sono più teorici che pratici. Questo è un lavoro che s’impara sul campo, in sartoria”.

A metà anni Settanta arrivano le prime vigilesse; è la sartoria Del Tosto a vincere l’appalto del Comune di Terni per le divise invernali ed estive, compresi mantelline e cappelli. Ci sono ancora le foto di quegli anni dove ad indossare le divise non sono agenti veri della polizia locale ma splendide modelle. È sempre in quegli anni che Del Tosto insieme ad altri sarti di Terni, “eravamo sette sartorie”, s’inventa le sfilate di moda al Politeama. È l’evento “L’Umbria della moda”, organizzato con la collaborazione di Confartigianato e Cna.

“Era un appuntamento – ricorda Livio Del Tosto – che si teneva ogni anno fra settembre e ottobre al Politeama, quando c’era ancora un’unica e grande sala. Venivano modelli e modelle da Roma che sfilavano con i nostri capi. C’erano musica e presentatori famosi. In prima fila tutte le autorità. Per Terni era un evento. C’era sempre il pienone e tantissimi mi telefonavano settimane prima per avere il biglietto d’invito”. Un evento che piacque, tanto che ai sarti di Terni si affiancarono presto quelli di Perugia e l’evento approdò prima al Festival dei Due Mondi a Spoleto, “sfilammo al Teatro Romano”, poi addirittura a Sanremo, “due volte, prima al casinò poi al teatro Ariston”. Livio Del Tosto è ormai un sarto affermatissimo. Nel 1986 vince il prestigioso concorso Forbici d’oro organizzato dall’Accademia dei sartori, miglior sarto in Umbria con un vestito gessato doppiopetto. Nel 1987 vince il secondo posto nazionale, qui la sfida è tra i migliori sarti delle venti regioni, questa volta vince con un vestito Principe di Galles. La sartoria di via Mazzini chiude nel 2017: “Non perché ci mancasse il lavoro, ma per raggiunti limiti di età”.

Oggi

I due figli hanno preso altre strade: uno è ingegnere e l’altra ragioniera.

Livio Del Tosto ha avuto molti allievi sarti ma ad uno è particolarmente affezionato. “Si chiama Bernardo La Guardia – racconta l’anziano sarto – venne da me l’estate della maturità. I genitori, professionisti, volevano che andasse all’università, ma lui voleva fare il sarto. È stato con me un paio di anni poi ha frequentato un corso di tre anni all’Accademia dei Sartori. Ha aperto per qualche anno un laboratorio a Roma e adesso ha una grande sartoria a Milano. C’è gente di Terni che va a Milano appositamente per farsi confezionare abiti da lui. È un sarto di successo. Sono felice che una parte del mio mestiere si sia tramandata”.