“Le persone vengono non solo per comprare, ci raccontano i loro problemi e le loro gioie. Ci fanno partecipi della loro vita. Siamo un punto di ritrovo del quartiere, come le vecchie botteghe di una volta”.
Via Pastrengo, quartiere San Giovanni, il laboratorio di pasta all’uovo Brisighella è tale e quale le vecchie botteghe dove la gente andava non solo per fare la spesa ma anche per fare quattro chiacchiere; per raccontarsi e per ascoltare, in questo caso mentre si ordina pasta fresca e piatti pronti già cotti.
Oggi il titolare dell’esercizio è Roberto Brisighella, 56 anni, ragioniere, che da sempre ha frequentato il laboratorio della famiglia: “Studiavo – dice – e il pomeriggio, soprattutto il sabato e la domenica, venivo a dare una mano insieme a mia sorella Antonella”. Prima il laboratorio era in affitto ed era qualche metro più in là dell’attuale. Nel 1980 è stata acquistata la nuova sede di via Pastrengo: 20 metri quadrati di superficie di vendita e 30 di laboratorio. Roberto Brisighella lavora a tempo pieno nell’attività dal 1992; dal 1998 ne è titolare; la moglie Monia entra nell’attività nel 2008.
La bottega di pasta all’uovo sta lì, a San Giovanni, dal 1968, aperta dalla sorella del padre del titolare, Anita, e da suo marito ai quali nel corso degli anni si è affiancato il padre Eugenio, che, racconta il figlio Roberto “aveva fatto molti mestieri ma negli ultimi vent’anni aveva fatto il fornaio e che dunque nel laboratorio aveva portato la sua esperienza artigianale”.
Quasi sessant’anni di attività; un arco temporale lungo in cui all’interno del laboratorio sono cambiate molte cose. “Inizialmente – spiega Roberto Brisighella – il lavoro era concentrato su pochi prodotti, essenzialmente produzione e vendita di pasta fresca: ciriole, gnocchi, tagliatelle e altri tipi di pasta. Dagli anni Duemila è aumentata moltissimo la vendita di piatti pronti, solo da cuocere, lasagne e altri primi piatti. Poi abbiamo iniziato a cuocere sughi, contorni e anche secondi, anche piatti elaborati come la faraona alla leccarda o il pollo alla cacciatora, tutti piatti che appartengono alla tradizione del territorio. Oggi la gente lavora e per il pranzo non ha tempo di cucinare. Magari i genitori lavorano e i figli si comprano qualcosa di pronto. Poi ci sono gli anziani soli, sempre più numerosi, che non hanno voglia di cucinare o che magari ogni tanto si vogliono concedere un piatto più elaborato, come una faraona alla leccarda”. Un lavoro molto cambiato anche da un punto di vista produttivo attraverso la tecnologia: “L’ultima innovazione è l’abbattimento di temperatura, – spiega il pastaio – innovazione che permette una conservazione migliore del prodotto. La pastorizzazione dà la possibilità di avere un prodotto che dura diversi giorni. Il tutto viene cotto a vapore a 65 gradi poi immesso nell’abbattitore a 3 gradi. Questo permette al prodotto di essere trasportato senza avere alterazioni organolettiche. Un processo totalmente naturale”.
I clienti vanno e vengono. Entra una giovane madre con il figlio: “Un chilo di ravioli, per favore. Ho preso lo stipendio e vogliamo festeggiare”.
Il laboratorio di via Pastrengo serve San Giovanni ma anche altri quartieri.
“Abbiamo clienti da tutta la città e anche dal circondario – dice orgoglioso Brisighella – clienti affezionati che ci seguono da anni. Rispetto alle attività posizionate nel centro storico, noi siamo facilitati da ampi parcheggi per fortuna ancora gratuiti. La nostra forza oltre alla pulizia e alla qualità del prodotto sono anche la gentilezza, il sorriso, la disponibilità ad ascoltare i clienti. In questo è bravissima soprattutto mia moglie. Un’altra forza del nostro laboratorio è che usiamo tutti prodotti del territorio: carne e uova vengono da San Gemini; le verdure sono tutte della zona; farina e semola sono prodotte in Italia”.
Tutto il processo di produzione è ormai automatizzato: “Solo le tagliatelle vengono fatte completamente a mano; è come se uno le facesse in casa. Le tagliatelle sono ancora un piatto di forte richiamo”. Una pasta fresca quella di Brisighella che ormai è anche di esportazione: “I nostri prodotti – spiega il pastaio – sono in un sito on line e stanno iniziando ad arrivare richieste da tutta Italia. Da due mesi vengono camioncini refrigerati, un servizio con cui siamo convenzionati, che trasportano la pasta fresca in tutta Italia”. Il laboratorio di San Giovanni s’inserisce in una tradizione che è molto cittadina: “I ternani – dice il pastaio – sono molto legati alla tradizione della pasta fresca. Per i ternani la pasta fresca la domenica mattina a pranzo è quasi un rito a cui pochissimi si sottraggono”.
Qual è la differenza tra la pasta fresca e la pasta industriale, anche di qualità? “La pasta industriale – risponde Brisighella – è una pasta essiccata. La differenza sono i tempi di cottura. Un prodotto fresco si cuoce in pochissimi minuti; per la pasta industriale ci vuole più tempo. Poi è differente il sapore”. Che il prodotto del laboratorio di via Pastrengo piaccia lo dicono i numeri: “Nel periodo invernale consumiamo circa 720 uova a settimana e almeno un quintale di semolino e un quintale di farina. I giorni di punta sono il venerdì, il sabato e la domenica dove si vende di più”. Entra un cliente, si accorge che è in corso un’intervista e s’informa dove e quando uscirà. L’atmosfera è sempre familiare.
“Il ricordo più bello – racconta – è a dicembre del 2001, quando nacque la nostra prima figlia, Maria Cristina. Abbiamo addobbato tutte le vetrine con una cicogna che trasportava nostra figlia. Quando nacque, il 14 dicembre, tutti i clienti festeggiarono con noi”.
È un lavoro che dà soddisfazione: oggi nel laboratorio lavorano Roberto Brisighella, la moglie Monia, una dipendente cui da ottobre si aggiungerà un’altra dipendente con contratto di formazione. Dopo oltre trent’anni di lavoro, Roberto Brisighella è felice di avere continuato il mestiere dei genitori e degli zii: “Sono stato sempre convinto della scelta; ho sempre voluto fare questo. È un lavoro duro, da trent’anni per me e mia moglie non esistono fine settimana. A Natale si lavora anche 46 ore di fila, per due giorni non si dorme. Si lavora anche la mattina di Natale perché a Terni come da tradizione i pastifici la mattina del 25 dicembre sono tutti aperti. Mi piace il mio lavoro, che è antico ma che ogni anno si rinnova, e mi piace il rapporto con la gente. Siamo un punto di ritrovo del quartiere, come le vecchie botteghe”.