RENZO LATINI

Ha iniziato a costruire porte blindate, è stato il primo artigiano a Terni, per reazione a un furto subìto dalla sua famiglia.

È una storia ricca di colpi di fortuna e di reazioni forti a situazioni avverse quella di Renzo Latini, 74 anni, fabbro e carpentiere. Una storia di lavoro manuale, studio, ingegno e soprattutto di passione. Avvincente come un romanzo, anche se è una storia vera.

Il padre Umberto tornitore, il quartiere dove nasce pieno di botteghe artigiane orientano il suo futuro lavorativo. “Nasco – racconta – nel 1950 a Porta Sant’Angelo, praticamente sotto l’arco. Al tempo a Porta Sant’Angelo c’era un concentrato di artigiani: la rimessa degli autobus, un calzaturificio, una mola dell’olio, una falegnameria, Paperoni che faceva il tornitore e la segheria di Bizzoni. Si respirava dappertutto un’aria di artigiani”. Il padre Umberto, ex combattente in Africa poi prigioniero in Inghilterra, prima della guerra aveva imparato il difficile mestiere del tornitore. Nel 1951 c’è il colpo di fortuna che fa svoltare la famiglia Latini.

“Mio padre – racconta Renzo Latini – nel 1951 vinse una somma importante al Totocalcio. Con quei soldi aprì un’officina di tornitore a Porta Sant’Angelo, nei locali dell’ex casa padronale dei Faustini, lì dove i contadini smistavano i prodotti. Affittò i locali e comprò gli strumenti: il tornio, la mola, il trapano e tutto quello che serviva. All’inizio lavorava da solo. Faceva il tornitore e lavori di piccola carpenteria. All’epoca i soldi erano pochi e si riparava tutto. Io sono entrato a bottega fin dalle elementari. Il lavoro c’era, la bottega andava bene e mio padre assunse due apprendisti. Per questo, a 16 anni, come desideravo, potei frequentare l’Itis, scuole serali. Di giorno al lavoro e la sera in classe. Studiare mi piaceva, tanto che dopo il diploma m’iscrissi a Matematica. Ma la scuola più dura era quella di mio padre in officina, quella dove m’insegnava il mestiere a suon di scapaccioni. Era un uomo molto capace, intelligente, lungimirante, che però pretendeva il massimo da sé stesso e dagli altri. Ricordo che alla fine della prima media mi comprò una bicicletta nuova da Ciotti, in via Goldoni. Io ero tutto contento, ma lui burbero: ti compro la bicicletta così appena esci da scuola vieni a lavorare in officina”.

Il fato è però ancora una volta in agguato, pronto a cambiare il corso della vita di Renzo Latini. “Mi diplomo nel 1970, – racconta – me lo ricordo bene quel giorno estivo. Esco, mi slaccio la cravatta e mi tolgo la giacca. Adesso, penso, stacco con gli impegni e mi faccio una bella vacanza. Invece quando vado a casa, trovo mio padre a letto con un infarto”.

Umberto Latini sopravvive all’infarto, sarebbe morto dieci anni dopo, ma è costretto ad abbandonare il lavoro. Il timone dell’officina, che dal 1961 si era trasferita in via Battisti, passa al figlio Renzo. Stop alla vacanza, stop all’università: nell’orizzonte di Renzo Latini ora c’è solo il lavoro: “Manutenzioni, riparazioni. Lavoravamo molto con i mezzi di Cipiccia, l’imprenditore delle cave di breccia a Maratta”.

Il destino entra ancora nella vita dell’artigiano. “Nel 1972, – racconta l’imprenditore – era la notte dei carri di maggio e tutta Terni era per strada, i ladri rubano a casa mia. Rubano tutto quello che c’era da rubare, monili, piccoli oggetti d’oro ricordo delle cerimonie, alcune monete, soprattutto 500 lire d’argento. Rubano anche soprammobili a cui eravamo molto legati. Tutto sparito in una notte. Rimasi colpito dalla rabbia di mio padre e dallo sconforto di mia madre; allora pensai che era giunto il momento di costruire porte blindate”.

Renzo Latini si documenta, studia, progetta e alla fine dall’officina di via Battisti esce fuori il primo prototipo di porta blindata. “Al tempo – racconta – a Terni c’era Ivo Schippa, un fabbro addetto alla manutenzione e all’apertura delle casseforti di tutte le banche di Terni, praticamente un mito nel nostro ambiente. Avevo fatto un modellino in scala di porta blindata a due ante. Schippa guardò il modellino e sentenziò, “E questa che è?”, e giù uno scapaccione terribile, aveva le mani come pale. Non mi sono abbattuto e sono andato avanti. La prima porta blindata l’ho costruita per Paolo Granocchia che aveva un negozio di serrature in piazza dell’Orologio. Anche lui aveva appena subìto un furto in casa. La serratura, così le altre di seguito, la presi da lui. Quella porta fu una sorta di biglietto da visita per la città. Andò bene; i clienti iniziarono ad arrivare”.

Lamiera piegata, sagomata per fare la scatola in ferro della porta, tutta la meccanica della serratura, il tutto rivestito con legno di pregio. Le prime porte blindate costavano 500, 600mila lire, una cifra importante per l’epoca. Ma il mercato c’era; le porte erano molto richieste. Nel 1981 l’officina si trasferisce dov’è ancora oggi, nella zona industriale di Maratta. “Acquisto il terreno da Celi, – ricorda oggi l’imprenditore – compro attrezzature modernissime per velocizzare il lavoro. Assumo dipendenti”. Ma il destino ancora una volta entra a gamba tesa nella vita dell’imprenditore artigiano.

“La prima commessa andò malissimo. Feci tutte le porte blindate per una fabbrica che poi non aprì. Ci rimisi un sacco di soldi; fui veramente sul punto di fallire perché alla perdita si sommavano i soldi dell’investimento, ma non mollai. Ricordavo sempre l’insegnamento di mio padre: non sporcare il nome dei Latini”. Questo è stato uno dei periodi più difficili per l’impresa e per la vita di Renzo Latini. “Ero oberato dai debiti e non sapevo come uscirne, – ricorda – non dormivo più la notte. Il medico mi prescrisse pillole per dormire; io invece presi la decisione di farmi una lunga vacanza: Brasile e California, tre viaggi brevi in quattro mesi. Durante quei viaggi riuscii a vedere le cose come dall’esterno e dunque ad avere una visione diversa della realtà che vivevo. Anzitutto non ebbi più paura della povertà: in Brasile nonostante la povertà la gente era contenta. La vacanza servì a darmi una spinta per ripianare i debiti. Al rientro, con il lavoro e con l’aiuto dei fornitori, sono riuscito ad andare avanti. In nove anni, nel 1993, tutti i debiti erano stati ripianati e io ero uscito dal tunnel”.

La produzione va avanti: porte blindate, grate per le finestre, serrature, manutenzione delle porte blindate e delle serrature, a volte aperture delle porte per conto dei vigili del fuoco e delle forze dell’ordine. “Abbiamo lavorato molto – dice oggi Latini – con gli arredamenti in ferro per gli allestimenti dei tribunali e dei musei, in questo caso insieme alla ditta Celi di Vascigliano che faceva la parte in legno dei lavori. Dal 1991/1992 abbiamo anche iniziato a costruire i pontili galleggianti per il canottaggio. Mi sono inventato un paracolpi meccanico che ammortizza lo sbattimento della piattaforma sulla roccia senza usare più le gomme”. Passano gli anni; crescono nella società le esigenze di sicurezza e inizia nel contempo la produzione industriale in serie delle porte blindate, con il prodotto finale che ha prezzi più bassi. Una concorrenza insidiosa, ma Renzo Latini non demorde, anzi va avanti. “Oggi – spiega – il nostro prodotto fa la differenza sul mercato. Le nostre porte sono personalizzate, adattate al singolo ambiente e sono sicuramente più sicure. Lavoriamo per una clientela di qualità, di nicchia, a Terni e fuori, rispetto a quella che acquista le porte blindate industriali. È un lavoro di falegnami e di carpentieri. Oggi in officina siamo in quattro, io, mio figlio e due dipendenti, ci sarebbe spazio anche per altri, ma manca il personale specializzato e anche chi ha voglia d’imparare”.

A 74 anni, Renzo Latini ha ancora l’entusiasmo di un ragazzo alle prime armi: “La cosa più bella è la ricerca continua, il piacere di creare. Io ancora nel lavoro ce la metto tutta, secondo l’insegnamento di mio padre. Adesso vedo in giro molta invidia sociale e poca volontà di collaborare. Io dico sempre: in tutti c’è un grande potenziale, tiratelo fuori invece d’invidiare gli altri”.