Nel 2023 “Valnerina tartufi” ha fatturato quattro milioni e mezzo di euro; ha 27 dipendenti che lavorano in una fabbrica modernissima che sorge in un luogo panoramico a ridosso del fiume Nera, ad Arrone, realizzata risanando un vecchio stabilimento che era chiuso e abbandonato da oltre trent’anni. È una storia imprenditoriale di successo nel settore agroalimentare quella dei fratelli Matteucci e che ha al centro uno dei simboli della Valnerina: il tartufo.
Elisabetta Matteucci insieme al fratello Leonardo è la protagonista di questa avventura. Ternana, 44 anni, perito tributarista, ha radici profonde nella Valnerina. Il nonno, Americo Matteucci, è stato il mitico sindaco di Polino, primo cittadino del borgo montano per oltre cinquant’anni, un record nazionale festeggiato al tempo da giornali e televisioni nazionali.
Anche i tartufi fanno parte delle sue radici attraverso il padre Eraldo, operaio ma anche cavatore di tartufi. Addestratore di cani e cavatore di tartufi che poi rivendeva ai privati. “Da piccola – racconta Elisabetta Matteucci – odiavo i tartufi. Tutti i cibi che erano nel frigo odoravano di tartufo; tutti gli ambienti di casa odoravano di tartufo. Però lo mangiavo, soprattutto le ciriole con il tartufo che erano il mio cibo preferito”.
Elisabetta si diploma ed entra subito a lavorare come impiegata amministrativa in diverse piccole aziende del territorio mentre il fratello Leonardo, che oggi ha 42 anni, dopo il diploma alle Professionali diventa subito agente di commercio per materiali edili. La svolta nel lavoro e nella vita avviene nel 2007.
“Eravamo a cena a casa di mamma, – racconta l’imprenditrice – mio fratello all’improvviso propone, facciamo un’attività con il tartufo, ma solo se ci sei tu, senza di te non faccio nulla. Il nonno materno, appena scomparso, era un piccolo imprenditore edile, forse è anche da quelle radici che abbiamo preso lo spirito imprenditoriale. Da lì è nata la scommessa. Secondo mio fratello c’era molto da fare nel settore nonostante la presenza di colossi nel territorio che lavoravano e vendevano prodotti legati al tartufo da generazioni. Valnerina tartufi apre ad aprile del 2007, sede un locale in affitto dell’Ater a Collestatte piano di 120 metri quadrati, soci lavoratori noi due. La prima macchina acquistata un abbattitore di temperatura”.
L’impresa è familiare e artigianale. I tartufi vengono acquistati dai cavatori della Valnerina e dai commercianti all’ingrosso. Il tartufo viene lavato, lavorato, macinato e inserito in vasetti con salse oppure imbustato intero in buste sottovuoto. Il prodotto viene venduto ai ristoranti della zona. Leonardo fin da subito lavora a tempo piena nella piccola azienda; Elisabetta ci lavora part time, dal tardo pomeriggio dopo avere terminato il suo primo lavoro da impiegata. “È proprio grazie alla mia busta paga – dice oggi – che ho preso i primi due finanziamenti che sono serviti ad acquistare i primi macchinari usati”. La ditta è minuscola ma i due fratelli pensano subito in grande; il marchio partecipa a fiere in Francia e Germania, lì dove il mercato del tartufo è più vasto. Il fatturato inizia a crescere.
“Nel 2011 mi licenzio, faccio il salto – racconta Elisabetta – ed entro a lavorare a tempo pieno nell’azienda. Eravamo sempre solo io e mio fratello. Facevamo tutto noi, dall’acquisto dei tartufi alla produzione, all’imballaggio, alle consegne, al marketing, all’amministrazione. Eravamo giovani quando siamo partiti, 27 anni io e 25 lui, i migliori anni della nostra vita li abbiamo trascorsi a rincorrere i sogni. Determinazione, coraggio, incoscienza e tanta voglia di lavorare. Questa è stata la nostra ricetta per crescere”. E il fatturato cresce, 540mila euro nel 2012, soprattutto grazie all’export e dunque grazie alla partecipazione a mercati e fiere in tutt’Europa. Nel 2012 c’è la prima assunzione part time, in ufficio, Elena, una ragazza che parla inglese e tedesco e che serve quindi per supportare l’export in crescita. La produzione cresce e c’è bisogno di locali più ampi. Nel 2014 l’azienda si trasferisce in via Corradi, zona industriale di Maratta, in un capannone di 400 metri quadrati.
“Il lavoro – spiega Elisabetta Matteucci – era ancora molto manuale. “Invasettavo” io le salse con un cucchiaio piegato che ancora conservo. Produciamo a Terni ma guardiamo al mondo. Tentiamo di esportare negli Stati Uniti, senza risultati; allora proviamo a vendere i nostri prodotti in Cina, la prima fiera è nel 2016, assumiamo per questo una ragazza, Giorgia, che parla il cinese mandarino. È vero che in Cina parlano tutti inglese, ma per entrare in un mercato come quello cinese c’era bisogno di una persona che conoscesse a fondo quel paese e quella cultura così diversa dalla nostra, i primi due anni sono deludenti, finalmente al terzo anno cominciamo a vendere, il mercato cinese finalmente si apre”.
Proprio alla fiera di Shanghai, nel 2017, “Valnerina tartufi” si presenta con un prodotto innovativo: il tartufo in bustina. “Volevamo far parlare di noi – spiega – con un prodotto originale. Avevamo preparato una salsa per il mercato asiatico. E allora abbiamo pensato di metterla in un film per sigillarla per poi inserirla in una bustina, come quelle dello zucchero. Si conservava per due anni. Un prodotto facile da usare; la bustina si apriva e con il contenuto si condiva un piatto di pasta. Questo prodotto lo abbiamo venduto nei negozi e a Shanghai abbiamo preso il primo premio come miglior prodotto innovativo”.
Grazie al mercato cinese, il fatturato cresce in modo consistente e nel 2020 tocca i due milioni di euro; i dipendenti passano a cinque poi a diciassette e il capannone di Maratta inizia a diventare stretto.
“Il nostro sogno – dice Elisabetta Matteucci – era quello di tornare in Valnerina, lì dove i tartufi nascono e vengono cavati. C’era ad Arrone un capannone abbandonato da oltre trent’anni che era di proprietà di un privato e che sembrava fare al caso nostro. Era nel degrado più totale. L’abbiamo acquistato nel 2019 e ci siamo lanciati in una nuova sfida: lavorare in una fabbrica finalmente di nostra proprietà”.
Un anno e mezzo di lavori mentre in Italia e nel mondo infuria l’epidemia del Covid; lo stabilimento di Arrone apre a luglio del 2021 con 18 dipendenti. Nell’estate del 2022 c’è l’apertura al territorio con la prima sagra del tartufo di Arrone che grazie al successo verrà replicata ogni anno. Ormai la sagra del tartufo di Arrone è un vero evento che richiama i residenti della zona e anche i turisti, italiani e stranieri, che d’estate affollano i borghi della Valnerina.
Ad autunno del 2024 “Valnerina tartufi” è un’azienda solida che esporta circa il 70% della produzione; in Italia la vendita è rivolta a negozi e ristoranti. “Il tartufo – spiega l’imprenditrice – lo acquistiamo soprattutto dai cavatori e dai commercianti all’ingrosso: il bianco nel Reatino, nel Lazio e in Abruzzo; il nero pregiato e l’uncinato soprattutto in Valnerina”.
Tartufi che poi vengono “invasettati”: interi, macinati, a scaglie oppure utilizzati per produrre salse, diversificate per i diversi paesi d’esportazione.
Elisabetta Matteucci osserva soddisfatta il grafico tutto in ascesa della sua azienda agroalimentare: “Dal primo fatturato di 27mila euro annui siamo passati ai 4 milioni e mezzo del 2023 e stiamo ancora crescendo. Siamo partiti io e mio fratello e oggi siamo in ventisette. Coraggio, determinazione, un po’ d’incoscienza e tanto lavoro. Noi ce l’abbiamo fatta; tutti ce la possono fare”.